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martedì 12 gennaio 2010

Il limbo delle fantasticazioni


Una volta messo piede nel Limbo delle fantasticazioni, l’ultima fatica di Ermanno Cavazzoni, edita da Quodlibet per la collana Compagnia Extra (di cui lo stesso Cavazzoni è tra i curatori), è difficile non essere risucchiati nel vortice fantasmagorico attraverso il quale l’autore costruisce le proprie riflessioni legate all’arte e alla letteratura.

Il limbo delle fantasticazioni è un piccolo pamphlet saggistico. Ma, prima di tutto, Il limbo delle fantasticazioni è un grande libro comico: l’impianto trattatistico, come avviene nella migliore tradizione, è contaminato fin dalle radici, cedendo il passo ora ad un’inesauribile vena narrativa, ora ad incursioni nell’ambito della storia e della critica letteraria, ora ad episodi degni di un pregevolissimo mémoire.


Nei dodici capitoli che compongono il volume trovano posto gli argomenti più disparati (e al comico viene riservato ben più di qualche passo): si ragiona di angeli e di santi, di biblioteche e di cimiteri; si esorta all’uso dei numeri in letteratura; si elogiano i principianti (“Un principiante non è un ignorante, è solo uno che ha una qualche urgenza di scrivere […]”) e si raccomanda l’uso delle interiezioni (“la parte più negletta della lingua scritta”).

Le divagazioni sono orchestrate intorno alla convinzione (che si direbbe umana prima ancora che critico-letteraria) che pone la “fantasticazione” al centro di qualunque attività creativa, sia essa o meno formalmente riconosciuta con l’ingresso nel mercato culturale o con la realizzazione di un prodotto finito e canonico (è l’aspetto polemico dell’opera, rivolto a certa critica di professione e alla mania delle etichette letterarie).

Nel “grande e sacrosanto territorio delle fantasticazioni” di Cavazzoni, l’importante è che “lo scrivere sia un fatto come il parlare; qualcuno a un certo punto piglia la parola e parla, e lo può fare per tante ragioni […]; uno piglia la biro e si mette a scrivere”. Il limbo, perciò, diventa metafora, figurazione di una dimensione in cui si trovano gli scrittori prima del “battesimo” di una pubblicazione; ma, più in generale, il limbo è condizione preliminare e necessaria per qualunque forma di scrittura, il luogo in cui aleggiano tutti quei “ribollimenti” che “non si sa bene che cosa siano, ma possono avere un fascino enorme”.

Ma quale letteratura scaturisce da simili trovate? Un’idea innanzitutto inclusiva: la letteratura scende dall’Olimpo o dalle vette dell’Elicona per diventare una pratica spontanea e quotidiana. Cavazzoni esprime questi e altri concetti con una prosa semplice: i toni colloquiali coinvolgono il lettore tramite un uso frequente di interrogative; le spassose esemplificazioni rendono familiari i luoghi più eruditi.

Perché semplicità e naturalezza non sono un punto di partenza, piuttosto un obiettivo. Docente di estetica all’Università di Bologna, esperto di retorica e autore di romanzi e altri scritti di varia natura (tra i quali Il poema dei lunatici, l’opera che ispirò l’ultimo film di Federico Fellini La voce della luna), Ermanno Cavazzoni sembra voler prosciugare la mole delle sue cognizioni accademiche per restituirle ad un’impressione elementare ma non per questo di minor valore teorico, per mettere al servizio dei lettori alcuni strumenti della sua officina. E Il limbo delle fantasticazioni, infatti, può essere letto anche come un piccolo manuale fenomenologico per persone che scrivono, alle quali si forniscono Consigli per incominciare, Consigli disinteressati per pubblicare o Consigli per fiutare i libri.

Che cosa fa in pratica uno quando si dice che fa dell’arte? – si legge sul retro di copertina – Beh, fa sempre delle cose un po’ sgangherate, perché in questo campo se uno impara il mestiere, allora è meglio che smetta”.


E. Cavazzoni, Il limbo delle fantasticazioni, Macerata, Quodlibet Compagnia Extra, 2009, 143 pagine, 12,50 euro