Cerca nel blog

domenica 25 luglio 2010

Arena: una rilettura inedita di un capolavoro

MODENA. «Piripippi piripè, chist’ nun è nu canapè...». Intona una filastrocca Lello Arena, uno dei tanti giochi di parole con cui Ruggero Cappuccio ha infarcito il testo del suo Don Chisciotte. Il comico napoletano interpreta il ruolo di Sancho Panza: «Non Sancho Panza, ma Salvo - precisa - il mio personaggio è diverso da quello del romanzo. E’ un mago, è un infermiere, è un carceriere. Sancho è un personaggio positivo. Salvo ha un retrogusto dark. Asseconda Don Chisciotte e approfitta di lui, un po’ badante e un po’ carnefice».
Com’è nato lo spettacolo?   
«Con Roberto ci siamo incontrati durante le riprese di “Rien va”, il film di Ruggero Cappuccio. Tutti ci dicevano che in coppia sembravamo i due personaggi di Cervantes. Allora hanno chiesto a Ruggero di riscrivere il testo ed eccoci qua».   
Che cosa vedrà il pubblico?   
«Vedrà uno spettacolo poetico, che alterna tragedia e commedia, nel quale è risfogliato in modo inedito un capolavoro. Come inediti e strampalati sono i protagonisti. Forse la più grande magia dello spettacolo».   
In che senso?   
«Nel senso che siamo due personaggi diversi, come due sapori inaccostabili da cui vien fuori un gusto irresistibile. All’anteprima, ad Asti, è stato un successo».   
Prima ci ha accennato una filastrocca in napoletano. Che lingua parla il suo personaggio?   
«Mandare a memoria le filastrocche è stato un tormento. Ruggero, per il mio personaggio ha usato forti coloriture napoletane. Ma il mio Sancho parla una lingua inventata, come le filastrocche».   
Ci può anticipare qualcosa?   
«Il nostro lavoro è come quello dei prestigiatori. Il trucco non si svela mai prima. Però c’è una scena in cui si gioca con le citazioni dei mostri della letteraura contemporanea. L’ignoranza del mio personaggio rende la scena esilarante».   
Quant’è attuale Don Chisciotte?   
«Il mondo è pieno di pazzi, di profeti, di poeti che non si trovano a proprio agio in una società in cui conta solo il guadagno. Ma il punto di vista di un folle o di un poeta possono salvarci. Il mio Sancho è fortunato. Ha come missione il prendersi cura di un folle. Con lo spettacolo vogliamo risvegliare una capacità infantile di vedere il mondo». (e.s.)

Nessun commento:

Posta un commento