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martedì 8 marzo 2011

Il nuovo volto della prostituzione in città

 
 Rumene, nigeriane, sudamericane. Ma anche donne dell’est Europa e dell’estremo Oriente: sono un centinaio le immigrate che si prostituiscono sulle strade modenesi. Altrettante quelle che operano negli appartamenti o nei locali notturni. Sexworkers, lavoratrici del sesso: spesso schiave, vittime del racket e della tratta di esseri umani. Un mercato “invisibile”, come il nome di un progetto regionale coordinato da Eleonora Costantini del Centro stranieri del Comune. Obiettivo: promuovere interventi socio-sanitari nel campo dello sfruttamento sessuale.
 Il progetto, al quale aderiscono i 9 capoluoghi di provincia dell’Emilia-Romagna, è nato nel 2007 su finanziamento regionale, raccogliendo il testimone di una precedente iniziativa chiamata “West”: un monitoraggio costante delle strade e degli annunci pubblicitari sul sesso, per trarre stime il più indicative possibili sulla presenza del fenomeno della prostituizione migrante e delle forme di sfruttamento ad esso connesse. Stime che per Modena parlano di una forbice di presenze sulle nostre strade tra le 60 e le 105, rispettivamente il minimo e il massimo rilevato durante i controlli. Di queste, il 10% è rappresentato da transessuali, mentre il restante 90% da donne immigrate: la maggior parte rumene e nigeriane. Un centinaio le nuove presenze registrate annualmente, a testimonianza di un mercato “mobile”, basato sullo sfruttamento del corpo femminile, sulla tratta degli esseri umani, su forme di schiavitù e di ricatto. Numeri simili per la prostituzione al chiuso, dove sono emerse circa un centinaio di prostitute che operano in appartamenti o nei locali notturni: molte provenienti dal sud America, dall’est Europa e dall’Estremo Oriente (in particolare dalla Cina). Un mercato del sesso che nel corso degli ultimi anni è cambiato in maniera significativa, diffondendosi in diverse zone della città: «La diffusione del fenomeno a livello territoriale è diventato omogeneo - spiega Eleonora Costantini del Centro Stranieri di Modena, coordinatrice del progetto regionale - non ci sono zone più a rischio di altre come in passato, quando la maggior concentrazione su strada si aveva alla Bruciata, mentre la prostituzione al chiuso era più diffusa a San Faustino o all’Errenord. Oggi non è più così».
 Cambiamenti a livello territoriale che seguono da vicino le trasformazioni del fenomeno sul fronte socio-culturale: «Fino al 2002, la differenza tra prostituzione su strada e al chiuso era evidente e non c’erano interferenze - aggiunge Costantini - dal 2002, invece, i due segmenti si sono contaminati: negli appartamenti, non ci sono solo escort d’alto bordo, ma anche persone che si prostituiscono con prestazioni a basso prezzo e che, periodicamente, escono su strada per aumentare il proprio portafoglio clienti». L’appartamento, insomma, non sostituisce la strada, ma si va ad aggiungere ad essa.
 Una situazione, quella italiana, sulla quale pesa l’assenza di un’adeguata normativa nazionale: negli ultimi 15 anni, 18 le proposte di legge avanzate dai diversi governi per aggiornare la legge Merlin, datata 1958. Nessuna di queste è stata approvata. «Nel corso degli anni sono state messe in campo numerose campagne per togliere le prostitute dalle strade - continua Costantini - portando le organizzazioni criminali a tener conto di questo contesto».
 Dal progetto, infatti, emerge il ritratto di organizzazioni che operano come attività imprenditoriali a 360º: «La prostituizione nei luoghi chiusi comporta uno sfruttamento economico pesante: non si lucra più solo sulla prestazione, con le violenze fisiche che comporta lo sfruttamento, ma anche sugli affitti e in genere, su una rete di servizi, come ad esempio la pubblicità e la fornitura di documenti. Sono donne che spesso arrivano in Italia contraendo un debito verso organizzazioni che fanno in modo che questo debito non venga mai estinto». E se per un identikit del cliente tipo «non è corretto generalizzare», resta il dato positivo che, con le diverse iniziative legate al progetto, 55 prostitute sono state accompagnate ai servizi sanitari, 78 hanno iniziato ad uscire dal giro e 19 hanno seguito percorsi di assistenza nell’ultimo anno.

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